I fondi comuni di investimento sono strumenti particolarmente diffusi e apprezzati dagli investitori perché consentono di unire i tuoi risparmi con quelli di altri utilizzatori per investire in un colpo solo in una raccolta di azioni, obbligazioni, titoli di stato, materie prime o altri titoli difficili da acquistare contemporaneamente in altro modo.
Puoi approfondire l’argomento leggendo l’articolo cosa sono e come funzionano i fondi comuni d’investimento in cui vengono descritte le principali caratteristiche, le diverse tipologie presenti sul mercato e i diversi meccanismi che li differenziano.
Se invece vuoi andare subito al punto leggi l’articolo come scegliere i migliori fondi comuni, troverai tutte le informazioni utili.
Qui, dopo un breve riepilogo sulle principali caratteristiche di questo interessante prodotto finanziario, andiamo a vedere insieme se si tratta di uno strumento sicuro su cui investire i propri soldi, se preferirli rispetto all’investimento in singole azioni e qual è il rapporto con i loro “cugini” ETF.
Facciamo quindi prima un breve passo indietro, per capire meglio insieme il funzionamento dei fondi comuni d’investimento, i vantaggi e gli svantaggi di questi strumenti finanziari e per approfondire tutte le informazioni utili che ti permetteranno di capire se investire in fondi comuni fa o meno al caso tuo.
Come funzionano i fondi comuni d’investimento?
Come ti ho anticipato all’inizio di questo articolo, un fondo comune d’investimento è uno strumento diversificato per allocare il proprio patrimonio sui mercati finanziari, con l’obiettivo di diluire e gestire il rischio, oltre che guadagnare rendimenti sul capitale investito.
La particolarità rispetto alle altre categorie di strumenti finanziari è che chi li utilizza per investire non possiede effettivamente i titoli compresi nel fondo; possiede “solo” delle quote del fondo stesso.
La differenza sta nel fatto che in questo modo il fondo ti permette di avere accesso al famoso “paniere” di titoli, con un solo acquisto, senza doverli comprare singolarmente tutti (cosa tra l’altro impossibile da fare, specialmente con capitali più contenuti).
Detto ciò, devi sapere che sul mercato esistono più tipologie di fondi comuni d’investimento.
Dovendoli distinguere, li possiamo selezionare per:
- Asset Class (azioni, obbligazioni, materie prime, ecc…);
- settore;
- geografia;
- stile di investimento;
- modalità di gestione.
Molte di queste categorie sono già state approfondite nell’articolo specifico citato in precedenza, perciò andando dritti a descrivere l’ultimo criterio, ovvero la modalità di gestione, troviamo che il mondo si divide in due grandi classi in grado di definire in modo inequivocabile i risultati che potrai ottenere da questi strumenti: :
- i fondi comuni d’investimento a gestione attiva;
- i fondi comuni d’investimento a gestione passiva.
Vediamoli entrambi.
I fondi d’investimento a gestione attiva
Questa tipologia di fondi viene gestita da un professionista degli investimenti, noto come gestore del fondo o gestore di portafoglio. È suo compito investire i capitali in diversi titoli come obbligazioni, azioni, materie prime e altri titoli, con l’obiettivo dichiarato di “battere il benchmark di riferimento”.
Per fare un esempio: un fondo comune d’investimento a gestione attiva che investe in azioni europee (il famoso benchmark di riferimento) presuppone un gestore del fondo che esegua un’analisi e una selezione di certe azioni del paniere azionario europeo, andando a effettuare scelte discrezionali sui pesi, le tipologie e le categorie di queste azioni all’interno del portafoglio, oltre che sulle tempistiche in cui detenere le azioni o se cambiarle con altre.
L’obiettivo della gestione attiva è, in buona sostanza, riuscire a “fare meglio” del suo indice di riferimento, per generare quindi un rendimento maggiore rispetto al mercato o, quantomeno, a far sostenere agli investitori del fondo perdite minori in caso di deprezzamento di mercato.
Qui la domanda sorge spontanea: ma i fondi a gestione attiva sono realmente in grado di battere il loro benchmark?
Risponderò a questa domanda più avanti, ma è chiaro che la partita si gioca tutta qui, anche perché per fare questa attività “discrezionale”, il gestore del fondo chiede commissioni aggiuntive rispetto ad un equivalente fondo a gestione passiva.
Infatti, come è facile immaginare, trattandosi di fondi che mirano a un rendimento maggiore e che sono gestiti oltretutto da esperti di settore, i fondi d’investimento a gestione attiva presentano dei costi più elevati che, nelle ipotesi peggiori, possono arrivare a superare anche il 3% annuo.
Stiamo parlando di costi come:
- commissioni di gestione, ovvero costi ricorrenti ogni anno, i quali rappresentano la parte più importante delle spese complessive del fondo;
- commissioni di sottoscrizione o di rimborso, che talvolta vengono richieste per accedere e/o uscire dal fondo d’investimento comune a gestione attiva e che possono incidere molto sulla redditività del fondo stesso;
- commissioni di collocamento, che spesso vengono applicate a fondi a gestione attiva che presentano un lasso di tempo limitato per accedere e uscire;
- commissioni di performance, per incentivare i gestori che riescono a portare ai clienti un ritorno elevato o comunque notevole sull’investimento fatto.
Non propriamente noccioline, in termini di costi, non è vero?
A darci una visione d’insieme e una mano in tal senso è il TER (Total Expense Ratio), cioè l’indice sintetico che unisce le commissioni di performance ai costi di gestione e di un eventuale collocamento, che si può verificare su siti specializzati come, per esempio, www.morningstar.it.
I fondi d’investimento a gestione passiva
I fondi comuni d’investimento a gestione passiva si differenziano da quelli a gestione attiva a partire proprio dal loro obiettivo: replicare il benchmark del mercato di riferimento e non, invece, cercare di superarlo.
Con la gestione passiva non ti affidi quindi a gestori che cercano di “battere” il mercato, ma a panieri diversificati di titoli che replicano l’andamento del loro mercato di riferimento.
All’interno di questa macro categoria,, troviamo gli Index Fund (meno noti ai più) e gli ETF (exchange-traded fund).
Facendo un brevissimo tuffo nel passato, dobbiamo la nascita degli Index Fund all’investitore e magnate del business (nonché fondatore di The Vanguard Group) John Bogle, che si rese conto negli anni ‘70 di come i fondi a gestione attiva, benché avessero l’obiettivo di surclassare l’andamento del mercato, raramente nel lungo periodo riuscivano effettivamente a ottenere rendimenti molto più alti del mercato di riferimento, a fronte però di costi di gestione elevati.
Ho parlato di questo tema in una puntata del podcast dedicata al “Piccolo Libro dell’Investimento”, il bestseller di Bogle in cui descrive come la nascita degli ETF abbia permesso di passare dalla certezza del “costo composto” alla potenzialità dell’interesse composto. Ti consiglio vivamente di ascoltare la puntata.
Tornando al tema dei costi e delle commissioni elevate dei fondi a gestione attiva, se è vero che affossano il rendimento e quindi nella maggior parte dei casi non portano quella tanto sperata extra-performance per cui si sta pagando caro, allora tanto vale che gli investitori possano investire direttamente nei mercati di riferimento pagando commissioni irrisorie, no? Sì, esatto!
Non per nulla Paul Samuelson, economista americano e premio Nobel per l’economia, paragonò nel 2005 l’intuizione di Bogle all’invenzione della ruota, dell’alfabeto e della stampa.
Anche perché, come puoi immaginare, i costi e le commissioni di un fondo a gestione passiva sono nettamente inferiori e più contenuti di quelli a gestione attiva, non dovendo richiedere lavoro extra a gestori e consulenti.
Se vuoi approfondire ulteriormente le differenze tra una strategia a gestione attiva e una a gestione passiva, e verificare dati e numeri di come la quasi totalità dei fondi attivi non batte il suo benchmark nel tempo, puoi leggere l’articolo sulla differenza tra la gestione attiva vs la gestione passiva.
Dovrei investire in azioni o fondi comuni di investimento?
Stabilite queste informazioni di base sui fondi comuni d’investimento, ti starai forse facendo una delle domande più ricorrenti sul tema: “È meglio investire in azioni o in fondi comuni d’investimento?”
Come sempre, quando si parla di strategie d’investimento e prodotti finanziari, non c’è un meglio e non c’è un peggio: c’è solo ciò che fa al caso tuo, in base alle tue competenze, ai tuoi obiettivi, alle tue possibilità economiche e alla tua propensione al rischio.
Investire in azioni prevede un determinato approccio al rischio e una maggiore propensione a gestire e sopportare l’inevitabile volatilità che questa asset class prevede, come anche un’ottima conoscenza degli strumenti a tua disposizione e la capacità di affrontare le “montagne russe” degli investimenti azionari senza farsi prendere costantemente dal panico.
Investire in fondi comuni d’investimento non azzera totalmente i rischi connessi al mondo degli investimenti, come ti spiegherò meglio più avanti, ma aumenta esponenzialmente le possibilità di diversificazione e ti evita di compiere erroracci pericolosi.
Nulla vieta di costruirsi dei progetti di investimento che li prevedano entrambi, ma come amiamo sempre dire all’interno di Investitore Strategico, a ogni strumento deve essere affidata una funzione specifica all’interno del portafoglio.
Se scelgo di utilizzare dei fondi comuni, al posto di singoli titoli azionari (o viceversa), deve esserci una motivazione precisa. Si tratta infatti di strumenti poco sovrapponibili e intercambiabili tra di loro.
Di norma i fondi comuni vengono scelti quando si vuole impostare una strategia diversificata, mentre le singole azioni quando voglio prendere delle posizioni più aggressive su una specifica azienda o settore.
Insomma, a ognuno il suo mestiere, ma sempre e comunque partendo dall’impostazione di una strategia e una metodologia per affrontare il proprio investimento.
Ok, dopo aver visto le principali motivazioni per investire in azioni o in fondi, entriamo adesso nello specifico dei vantaggi e degli svantaggi dei fondi comuni.
I vantaggi e gli svantaggi dei fondi comuni d’investimento
Al di là della gestione attiva o passiva, ci sono alcuni vantaggi e svantaggi che fanno da denominatore comune a questo strumento d’investimento.
Partiamo dai vantaggi:
- la possibilità di diversificare i propri investimenti: investire in fondi comuni d’investimento significa sfruttare i principi dell’economia di scala e quindi ottenere di più unendo le forze economiche di più investitori. Per un singolo investitore può essere difficile e oneroso acquistare tanti titoli in autonomia, mentre i fondi comuni permettono una maggiore diversificazione degli investimenti, consentendogli di possedere una frazione di tantissimi titoli diversi;
- abbattimento dei costi di transazione: per lo stesso motivo di cui ti ho parlato qui sopra. L’elevatissimo volume dei titoli scambiati nei fondi comuni d’investimento consente agli investitori di abbassare sensibilmente i costi di transazione;
- la possibilità di investire i propri risparmi, senza essere maghi degli investimenti: se stai leggendo questo articolo è probabile che tu abbia a cuore il futuro dei tuoi risparmi e vuoi sottrarli all’erosione dell’inflazione in modo intelligente e strategico. E già questo è un gran passo! Con ogni probabilità, però, devi ancora “affinare” le tue conoscenze in fatto di economia e finanza e preferisci affidarti a un tramite per gestire al meglio i tuoi potenziali investimenti. Ecco, i fondi a gestione attiva ti danno esattamente questa possibilità e, come ti ho spiegato prima, ti permettono di delegare la gestione a soggetti terzi.
E gli svantaggi? Gli svantaggi dei fondi comuni d’investimento sono, come quasi sempre quando si tratta di prodotti d’investimento, l’altra faccia della medaglia dei vantaggi. Infatti, se da un lato hai la possibilità di diversificare abbattendo i rischi e di investire i tuoi risparmi senza una specifica formazione finanziaria, dall’altro lato hai:
- l’impossibilità di controllare in modo specifico come e dove vengono investiti i tuoi soldi: visto che ci si affida a tramiti che lo fanno al posto tuo non puoi intervenire per effettuare scelte personalizzate e, in alcuni casi specifici, come per esempio nei fondi che investono in fondi, diventa davvero complesso avere una buona visibilità sui propri investimenti;
- costi di gestione elevati: questo in modo particolare per quanto riguarda i fondi d’investimento a gestione attiva, come ti ho già spiegato, ma è vero che comunque anche i fondi comuni a gestione passiva hanno delle commissioni.
- potenziali conflitti d’interesse: nel caso in cui per esempio il soggetto a cui ti sei affidato non sia indipendente e ci sia un disallineamento negli interessi reciproci. Da un lato tu vuoi ottenere il giusto guadagno in relazione al profilo di rischio che hai scelto, dall’altro si cercano di massimizzare le commissioni…
- la componente umana nei fondi comuni d’investimento a gestione attiva: ti ho spiegato che nella gestione attiva il ruolo dei gestori è fondamentale ed è quello che fa la differenza. Cosa succede se un bravo gestore, che ha assicurato per anni una buona redditività agli investitori del fondo, va in pensione, perde la sua capacità di performare o attraversa un periodo difficile? Cosa succede se a un gestore strategico e competente si alterna un gestore che agisce in modo diverso rispetto al suo predecessore? Purtroppo non hai nessun modo di parlare con questa persona e magari chiedergli spiegazioni sulle sue scelte di investimento. Sui fondi a gestione attiva, dove il ruolo del gestore è cruciale la variabilità della componente umana è da tenere in considerazione. Considerato questo importante fattore ti chiedo: ma se hai già investito in fondi a gestione attiva, conosci almeno il nome del gestore? E il suo stile di gestione?
Bene, ora che abbiamo visto pregi e difetti di questo strumento finanziario, cerchiamo di dare risposta ad una delle domande più frequenti sull’argomento.
I fondi comuni d’investimento sono sicuri?
Come ho già avuto modo di ribadire in altri articoli, quando si arriva a parlare dei rischi connessi ai vari prodotti d’investimento, ci sono rischi oggettivi e rischi soggettivi.
Se vuoi iniziare a investire i tuoi risparmi in modo intelligente e strategico, il tuo compitò sarà gestire i rischi oggettivi e minimizzare o eliminare quelli soggettivi.
I rischi oggettivi sono rischi che riguardano, in generale, il mondo degli investimenti e dei mercati: volatilità, fluttuazioni, deprezzamenti, eventi geo-politici inaspettati, cambi nelle politiche monetarie o economiche, …
Siccome questi rischi riguardano, come ti dicevo, il mercato in generale, toccano anche i fondi comuni d’investimento, nella misura in cui scegli di affidarti a fondi che investono in asset più o meno “rischiosi” e volatili.
I fondi d’investimento a gestione attiva, caratterizzati da una composizione prevalentemente azionaria, possono essere più soggetti a rischi di quelli a gestione passiva, per via dell’alterazione nella composizione del paniere per cercare di ottenere una performance superiore all’indice.
I fondi d’investimento a gestione passiva, non dovendo “sfidare” il mercato di riferimento ma semplicemente replicarlo, avranno dei rischi mediamente più contenuti.
La soluzione migliore, per quanto riguarda i rischi oggettivi, è informarsi, impostare al meglio il tuo profilo di rischio e optare per una strategia d’investimento che ti consenta di raggiungere i tuoi obiettivi tenendo conto della tua predisposizione al rischio e di una buona diversificazione.
I rischi soggettivi, invece, sono tutti quei rischi “mentali” ed “emotivi” che ti impediscono di avere una visione panoramica, oggettiva e lungimirante dei tuoi investimenti, perché ti ostacolano con inutili tensioni o pericolosissimi momenti di euforia.
In questo caso, l’ideale è raggiungere una giusta conoscenza dello strumento d’investimento che scegli di utilizzare e affidarti il più possibile al parere degli esperti, utilizzando per esempio piattaforme come Investitore Strategico, dove in via prevalente inseriamo nei nostri portafogli gli ETF a gestione passiva, per via dei loro minori costi e della loro maggiore facilità di utilizzo.
Gli ETF sostituiranno i fondi comuni?
Come abbiamo visto poco fa, gli ETF rientrano nella categoria dei fondi comuni d’investimento a gestione passiva. In realtà, gli ETF non si comportano come dei veri e propri fondi d’investimenti, poiché replicano sì gli indici di mercato, ma possono essere tranquillamente scambiati come se fossero delle azioni.
Infatti, gli ETF possono essere negoziati (comprati e venduti) durante tutta la sessione di contrattazioni, mentre gli Index Fund possono essere negoziati solo al prezzo stabilito alla fine della giornata di negoziazione.
Su Investitore Strategico trovi del materiale approfondito e chiaro in merito al funzionamento degli ETF. Ti consiglio infatti la lettura dei seguenti articoli:
Oggi, gli ETF stanno attirando sempre di più l’attenzione di molti investitori, per alcuni semplici, ma fondamentali motivi:
- replicano e non cercano di “battere” gli andamenti del mercato di riferimento;
- possono essere acquistati e scambiati con grande facilità;
- offrono una grande opportunità di diversificazione;
- sono l’ideale anche per chi non ha grandi capitali da investire;
- presentano commissioni e costi di gran lunga inferiori rispetto a quelli dei fondi comuni a gestione attiva.
Per quanto è difficile, se non impossibile, stabilire se gli ETF supereranno definitivamente o meno i fondi comuni, senza dubbio rappresentano oggi uno strumento d’investimento capace di minimizzare ulteriormente i rischi, incentivare la diversificazione, abbattere i costi di gestione e rendere il più accessibile possibile il mondo degli investimenti.
Se sei arrivato/a alla fine di questo articolo e senti il bisogno di approfondire ulteriormente il tema o vuoi entrare in contatto con una community di investitori esperti, oppure desideri ascoltare il parere di consulenti e analisti indipendenti, ti consiglio di valutare i percorsi di Investitore Strategico.
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