Investimenti immobiliari: cosa sono e come investire nel settore

Quale che sia la storia economica della loro famiglia, gli italiani, Generazione Z e successive a parte, hanno in mente un’idea ben precisa quando si parla di case: possedere degli immobili è buona cosa.

Anzi, una buonissima cosa! Il possesso di una o più case viene visto come sintomo di grande stabilità e, oltretutto, come un traguardo personale che segna nella maggior parte dei casi il passaggio dalla gioventù (affitto, vita da single, …) alla vita adulta (contratto a tempo indeterminato, stabilità economica, …).

Questo è in parte vero: una casa è comunque un bene importante. Se è già tua, la casa può essere venduta, affittata, abitata o trasmessa in eredità. In tutti questi casi, può potenzialmente generare degli effetti positivi.

L’interesse per il mattone, sia da acquistare sia da affittare, è confermato dal report del 2021 di Idealista. Il settore residenziale in Italia è in fase minima, cioè con prezzi inferiori al prezzo raggiunto nel 2007, un valore unitario degli immobili al di sotto dei livelli pre-pandemia e una decrescita del -3% nel prezzo unitario di vendita. 

Il settore degli affitti invece è in crescita, con un costante miglioramento del valore del prezzo unitario dal 2007 e un +0,06% nel prezzo unitario di locazione rispetto al 2020. 

Nonostante la difficoltà affrontata dal settore residenziale, il tasso di disoccupazione passato dal 10% pre-pandemia al 9,2% del 2021 ha comportato un aumento delle domande relative, sia nella vendita, sia negli affitti. Anche l’offerta abitativa è cresciuta, passando dal 3% del 2020 al 3,1% del 2021. 

C’è però un grande equivoco che spesso si crea quando si parla di abitazioni e di prime case e cioè che l’acquisto di un immobile rappresenti, di per sé, un investimento. 

In un Paese dove gli immobili possono perdere fino al 20% del loro valore a causa dell’inflazione, comportare un gran numero di spese e tasse e dove accendere un mutuo significa creare un grosso debito con una banca, di fatto “perdendo” o bloccando liquidità che potrebbe essere investita in altro, questa idea non può sussistere.  

Ma allora, quando si può parlare di investimenti immobiliari? Che cosa significa investire nel settore immobiliare? Continua a leggere questo articolo per scoprirlo! 

Cosa si intende finanziariamente per investimento immobiliare

Per spiegarti come mai acquistare una casa per uso abitativo non è un investimento dobbiamo fare un passo indietro e rispondere a una semplice, ma importante domanda: “Che cosa significa investire?”

Quando investi, usi un capitale per acquisire uno o più strumenti finanziari che, a fronte di un potenziale rischio che sei disposto ad assumerti, possono idealmente accrescere il valore del tuo investimento iniziale. 

E già qui possiamo estrapolare alcuni spunti di riflessione molto interessanti. 

Abbiamo parlato di capitale, più nello specifico di quello che viene definito “capitale di rischio”, cioè una somma di denaro che si è disposti a utilizzare per un’attività finanziaria, ben consapevoli del fatto che può generare utili e profitti, ma anche andare interamente persa. 

Abbiamo parlato anche di “potenziale rischio”. Quando si compie un investimento vero e proprio, la componente del rischio è inevitabile e fisiologica

Non c’è rendimento senza rischio. 

Investire significa assumersi dei rischi: quali e quanti lo scegli tu, in base alla tua predisposizione e ai tuoi obiettivi, ma non puoi evitarli del tutto. Sono le regole del gioco! 

Abbiamo parlato poi di accrescimento del capitale: in buona sostanza, di soldi che generano altri soldi, producendo utili. 

Questo dovrebbe essere il goal finale di un progetto sano e lungimirante di investimento: generare profitto o quantomeno mantenere il valore iniziale del capitale.  

Ora che hai ben chiare tutte queste informazioni, secondo me hai già capito perché acquistare un immobile con l’obiettivo di abitarci NON è un investimento immobiliare

Perché non abbiamo neanche una delle tre componenti fondamentali di cui abbiamo appena parlato! 

Chi acquista una casa con uso abitativo, non lo fa utilizzando un capitale di rischio, non lo fa con la prospettiva di correre dei rischi e non ha lo scopo di generare profitto. 

Quindi, non sta facendo un investimento. 

E no, la prospettiva di vendere quella stessa casa tra molti anni e guadagnarci magari qualche soldino perché viene immessa sul mercato a un prezzo più alto rispetto a quello d’acquisto non è il ragionamento corretto da fare quando si fa un  investimento. 

Chi può sapere come andrà il mercato immobiliare tra 10 anni? Quale valore avrà quella casa tra 15 anni? Siamo davvero sicuri che qualcuno la comprerà? 

Se avessimo la sfera di cristallo, saremmo già tutti a farci quattro risate ai Caraibi, sotto l’ombrellone. 

Arrivati a questo punto, abbiamo praticamente già per le mani la definizione di investimento immobiliare, ma mettiamola comunque nero su bianco. 

Fare investimenti immobiliari è un’attività finanziaria a tutti gli effetti, che include l’utilizzo di un capitale di rischio, si basa su una logica rischio-rendimento e ha l’obiettivo di generare utili

Tutto questo, acquistando un bene fisico, cioè l’immobile vero e proprio, o altri strumenti finanziari immobiliari. 

Sì, perché non serve obbligatoriamente comprare una casa, per investire nel settore immobiliare. Lo sapevi? Continua a leggere, perché stiamo per entrare nel vivo del tema! 

Come investire nel settore immobiliare?

Il caso più comune di investimento immobiliare è rappresentato dall’acquisto di un immobile, per esempio tramite asta o dal mercato libero, con l’obiettivo di rivenderlo nel minor tempo possibile, generando una plusvalenza di valore, o di metterlo a rendita tramite affitto. 

Avrai magari già sentito parlare del “flipping immobiliare”, che si basa sull’acquisto di immobili a basso prezzo, venduti da banche o aste oppure in condizioni non ottimali (da qui il costo contenuto rispetto al mercato), e la ristrutturazione degli stessi, con l’obiettivo  di aumentare il valore della casa per venderla a un prezzo maggiore e ottenere utili. 

Quindi, in soldoni: fai flipping quando acquisti un immobile, lo sistemi e lo rivendi a più di quanto hai speso comprandolo, guadagnando. 

E questo è uno dei modi di investire nell’immobiliare. 

C’è poi anche l’opzione rendita, particolarmente diffusa in Italia: la casa viene acquistata con lo scopo di affittarla, per esempio a famiglie, studenti, lavoratori o turisti. 

C’è da dire che all’estero, per esempio negli USA, le rendite da affitto sono ancora più appetitose che in Italia, per esempio grazie al metodo BRRRR (BUY, REHAB, RENT, REFINANCE, REPEAT), un’attività speculativa ad alto rischio finanziario simile al flipping, che si può implementare grazie alla possibilità di “imporre” agli inquilini canoni di locazione ben più alti, e tasse più contenute, che alzano il ritorno sull’investimento.. 

Se quindi il tema dell’investimento immobiliare è mettere sul piatto un capitale, da cui generare una rendita ricorrente, da un certo punto di vista possiamo fare un parallelismo e dire che investire in immobili fisici è un’azione finanziaria che assomiglia, in un certo senso, a un investimento in obbligazioni. 

In che modo? Beh, in entrambi i casi abbiamo: 

  • una somma di capitale versata all’inizio; 
  • una rendita ricorrente; 
  • una tassazione sulla rendita; 
  • un valore del capitale iniziale che oscilla nel tempo; 
  • un rendimento complessivo come somma di plus/minus sul capitale e una rendita periodica. 

Ovviamente le differenze ci sono e sono anche sostanziali. Per esempio: 

  • mentre un’obbligazione può essere venduta con un click, lo stesso non possiamo dire di un immobile;
  • nelle obbligazioni il rimborso del capitale avviene alla scadenza, mentre non c’è nessuna scadenza per gli immobili; 
  • abbiamo un valore nominale di rimborso certo per l’obbligazione, ma nessuna certezza sul valore di rimborso in caso di vendita dell’immobile;
  • l’investimento obbligazionario può essere fatto con un capitale nettamente inferiore 

Perciò i metodi di valutazione della profittabilità di un investimento immobiliare possono essere simili a quelli utilizzati per valutare il rendimento di un investimento obbligazionario.

Proprio perché ci sono delle similitudini, le due operazioni possono essere messe in comparazione per valutarne i pro e i contro, soprattutto quando l’obiettivo finale dell’investimento è quello di generare una rendita.

Ma passiamo alla descrizione degli investimenti immobiliari che non comportano l’acquisto diretto di una casa. 

Il lending crowdfunding 

Conosciuto anche come P2P lending o social lending (“lend” in inglese significa “prestare”), il lending crowdfunding si basa sul principio già noto del crowdfunding e cioè della raccolta collettiva di fondi, per la realizzazione di un progetto. 

Nel caso del P2P lending, l’obiettivo è utilizzare i capitali raccolti da molteplici prestatori per l’acquisto di immobili da ristrutturare o comunque da cui ricavare una rendita. Alla conclusione del progetto, a chi ha prestato il denaro viene restituito il capitale, con interessi. 

Dividendo i prestiti tra tante persone, il rischio si parcellizza. Ovviamente anche il rendimento finale sarà proporzionalmente distribuito.

Uno dei vantaggi di questo tipo di operazioni è la possibilità di fare più investimenti immobiliari contemporaneamente, grazie al frazionamento del capitale richiesto per partecipare.

In alternativa, per avere lo stesso livello di diversificazione acquistando fisicamente immobili, serve un patrimonio decisamente importante…

I rischi sicuramente si possono diversificare svolgendo più operazioni contemporaneamente, anche se il vero rischio sottostante tipico dell’investimento immobiliare rimane lo stesso.

I fondi immobiliari 

Si tratta di strumenti finanziari che si occupano di investire non meno dei 2/3 del proprio patrimonio nell’acquisto di immobili, partecipazioni in società immobiliari o diritti reali immobiliari

Solitamente questa tipologia di fondi hanno una durata molto lunga e offrono un rimborso solo alla scadenza del contratto.

Sono ovviamente fondi di natura azionaria, con il loro relativo rischio specifico e vanno inseriti in un portafoglio di investimento se sono presenti determinate caratteristiche di contesto economico e di obiettivo finale. 

ETF e azioni immobiliari 

Esistono ETF connessi al mercato immobiliare, come anche numerose aziende quotate in borsa che si occupano di vendere, costruire o ristrutturare immobili: è possibile quindi acquistare le azioni immobiliari di queste società tramite uno strumento diversificato (l’ETF), oppure direttamente comprando le quote azionarie delle singole società

Qui siamo nel campo degli investimenti finanziari, perciò se decido di utilizzare questi strumenti devo essere consapevole del fatto che sto investendo nel settore immobiliare, ma utilizzando una formula finanziaria.

Principali fattori di rischio per gli investimenti immobiliari

Ora che abbiamo fatto chiarezza su che cosa significa investire nell’immobiliare e quali sono le tipologie di investimenti immobiliari a tua disposizione, affrontiamo il “tasto dolente” della questione e cioè i rischi connessi a questo tipo di attività.

Quello immobiliare è un settore molto complesso e la sua presenza sul mercato è determinata da un’infinità di variabili ed elementi. Di conseguenza, anche gli investimenti immobiliari sono soggetti a grande complessità e variabilità. 

Possiamo dire per esempio che la salute di un investimento nel settore immobiliare è generata da fattori come: 

  • la curva demografica: più persone giovani ci sono in circolazione, maggiore sarà l’interesse per gli affitti e gli acquisti di immobili;  
  • la mobilità del lavoro e il tasso di occupazione: più persone hanno un’occupazione stabile, maggiore sarà la tendenza ad acquistare immobili; più persone sono incentivate a spostarsi dalla loro città natale per lavorare, maggiore sarà la domanda di appartamenti e affitti; 
  • la crescita del reddito pro capite: come è normale, più ricchezza conduce a una maggiore richiesta di case, sia da affittare, sia da acquistare; 
  • l’attrattività generale del Paese e della zona in cui è stato fatto l’investimento immobiliare; 
  • la crescita del PIL: all’aumento dei posti di lavoro, dell’occupazione e della produttività generale corrisponde una crescita nella domanda immobiliare. 
  • l’attrattività turistica del paese: se la zona è in grado di catturare l’interesse di tante persone avrà un mercato florido e interessante.

Se avessimo con noi la già citata sfera di cristallo, il problema non si porrebbe neanche. Purtroppo non possiamo prevedere il futuro e avere delle previsioni esatte di come tutti questi fattori si evolveranno: ecco perché essere consapevoli di quali sono i rischi di questo settore è importante. 

Ecco i principali: 

1. Rischio demografico

Una situazione demografica stagnante porta ad avere meno persone e coppie giovani, con una progressiva diminuzione nell’interesse ad acquistare o affittare nuove case. 

Aggiungiamo pure il fatto che in un Paese come l’Italia, con un’altissima concentrazione di proprietà immobiliari, abbiamo intere generazioni che erediteranno più immobili di quelli che effettivamente potranno gestire.

La domanda generale per la proprietà potrebbe quindi calare nel tempo, soprattutto se la curva demografica tenderà ad essere negativa.

2. Rischio fiscale (es. riforma del catasto)

Lo sapevi  che dei 10 mila miliardi di patrimonio totale stimato in italia, 6 mila sono in immobili?

Significa che il 60% della ricchezza privata è costituita dal valore stimato delle case. 

E sottolineo “valore stimato”…

Per noi italiani la ricchezza immobiliare è sempre stata molto importante: è chiaro che rappresenta lo “zoccolo duro” patrimoniale più interessante dal punto di vista fiscale per lo Stato. 

La riforma del catasto, per esempio, va esattamente in questa direzione. 

3. Rischio liquidità 

Per quanto è vero che gli investimenti immobiliari dovrebbero essere realizzati con un capitale di rischio, non si può negare che l’eventuale acquisto di un immobile porta all’immobilizzazione, per un periodo di tempo più o meno lungo, di molto denaro e liquidità. 

Attualmente i tempi medi di compravendita di un immobile si aggirano in circa 18 mesi.

Sì certo, puoi essere bravo e fortunato e vendere in meno tempo, ma se la media è quella significa che non stiamo parlando di un bene liquido (altrimenti non si chiamerebbe “immobile”) su cui fare affidamento in caso di bisogno immediato.

Attenzione quindi a non bloccare il grosso del tuo patrimonio su asset dal valore prospettico incerto e discretamente lenti per essere smobilizzati.

4. Rischio insolvenza

Non succede sempre di avere a che fare con inquilini problematici, ma quando succede… sono guai grossi. 

Di fronte a casi di morosità persistente, i proprietari non sono assolutamente tutelati: vengono percepiti infatti come avvantaggiati e privilegiati rispetto agli inquilini. 

I tempi e i costi per risolvere il problema sono elevati: non solo il proprietario si trova nella condizione di non ricevere più una parte anche importante del suo reddito, ma spesso deve sostenere delle spese legali onerose.

Tutti questi costi indiretti vanno calcolati quando si va a fare il conteggio del rendimento reale effettivo a scadenza.

Bastano pochi mesi di morosità o assenza di affitto per buttare giù in modo sensibile il rendimento complessivo dell’operazione.

5. Rischio rendimento negativo 

Può accadere che i costi straordinari e imprevisti, sommati ai costi ordinari, eccedano le entrate attive, generate per esempio dall’affitto, e rendano negativo il bilancio dell’investimento immobiliare, con conseguenti perdite di capitale.

Lo abbiamo già visto nel paragrafo precedente, come somma di tutti quei costi anche indiretti che possono presentarsi e che fanno parte dell’investimento immobiliare.

È chiaro che le valutazioni da effettuare prima di buttarsi su questo tipo di attività sono tante e vanno svolte in modo analitico e preciso.

Mai lanciarsi in un’attività di investimento immobiliare sull’onda dell’emotività o delle grandi promesse di rendita che in molti sognano e/o “vendono”. 

6. Rischio concentrazione

Acquistare un immobile da ristrutturare o mettere in affitto, anche se a basso prezzo rispetto alla media di mercato, non è una spesa poco significativa, soprattutto per un investitore che ha a disposizione un capitale di rischio non particolarmente elevato. 

Il rischio è quello di avere pochissima diversificazione e concentrare la quota prevalente del proprio patrimonio in uno o pochi immobili, concentrati magari nella medesima area geografica.

Di norma sarebbe infatti consigliabile effettuare un investimento immobiliare fisico una volta creato o ottenuto un patrimonio di un certo tipo, così da poter diversificare gli asset a propria disposizione e non concentrare troppo il rischio su un solo bene o settore. 

Investire nel settore immobiliare 

Bene, arrivati a questo punto avrai capito che gli investimenti immobiliari non sono un gioco da ragazzi e racchiudono in sé un livello di complessità e rischio maggiore rispetto ad altri strumenti finanziari. 

Non solo: è davvero folle l’idea di lanciarsi nel settore degli investimenti immobiliari senza fare prima un’accurata analisi del mercato e una stima di redditività

L’idea che purtroppo molti “investitori” hanno di comprare immobili nella propria città perché la si conosce e perché è la propria area di interesse non è vincente e soprattutto non è strategica, perché non risponde a nessuna logica precisa e non è frutto di uno studio approfondito del settore.

Conoscere i trend di mercato è sempre importante, ma nell’immobiliare lo è ancora di più, se si ha il progetto di “bloccare” il proprio capitale di rischio in un immobile e di utilizzare questo strumento per generare utili. 

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